Introduzione di procedure operative
«Con queste definizioni si compie il primo passaggio da concetti intuitivi a
concetti operativi, tipico della fisica. [...]
L'introduzione di procedure operative per la misura di spazio, tempo e di tutte le
altre grandezze fisiche consente il passaggio da una percezione "soggettiva"
della realtà ad una visione "intersoggettiva". La percezione soggettiva
costituisce il primo canale attraverso cui le informazioni sul mondo esterno entrano nella
coscienza di ciascun osservatore, attraverso i propri sensi (vista, udito, tatto, ecc.).
Il modo di elaborare tale informazioni da parte del cervello è sicuramente unico per ogni
osservatore. [...]
Sulle basi della sola percezione soggettiva non si può sviluppare alcuna scienza
fisica, in quanto mancano i presupposti per la comunicazione di informazioni
"quantitative" tra più osservatori. La visione intersoggettiva si realizza
fornendo delle regole per lo scambio di informazione tra gli osservatori. Una prima regola
operativa è quella di far corrispondere ad ogni elemento di un processo fisico un numero
e di usare la matematica per stabilire relazioni utili tra i numeri che entrano in una
certa classe di processi. In questo modo nascono le "grandezze fisiche" come
elementi propri del linguaggio scientifico. Alle grandezze fisiche si dà una definizione
operativa, indipendentemente dalle valutazioni filosofiche che possono essere più o meno
rilevanti, più o meno assodate.»
(Franco Dalfovo, Alcune considerazioni storiche e metodologiche sulla
fisica)
Il libro di testo della scuola media che è
stato preso in considerazione non sembra preoccuparsi molto di definire operativamente
calore e temperatura, cosa che, a mio parere, renderebbe molto più semplice la
comprensione per gli alunni. La mia, seppur breve, esperienza di insegnamento si è svolta
tutta nella scuola media e ho l'impressione che, almeno per i ragazzini di 11 - 13 anni,
sia molto più chiaro e utile sentirsi dire che la massa è quella cosa che si misura con
la bilancia a due bracci piuttosto che definizioni vaghe e inutili come "la quantità
di materia da cui un corpo è costituito" (definizione che, nel testo in questione,
viene data in un capitolo successivo, dopo aver definito materia "tutto quello che
occupa spazio, ha un peso e viene percepito dai nostri sensi"!). Analogamente, si
risolverebbero dubbi e perplessità dicendo che la temperatura è quella cosa che si
misura con il termometro. Tra l'altro, a questa età, gli studenti sanno già tutti
leggere il termometro (anzi, da esso si prende spesso spunto come strumento noto ai
ragazzi per introdurre i numeri interi) e quindi si potrebbe dedicare tempo (per esempio)
ad approfondire come si costruisce un termometro (magari costruendone uno in classe),
quale liquido è utile usare all'interno del termometro e per quali scopi o quali diverse
scale termometriche esistono (cogliendo così l'occasione per riflettere sul valore
convenzionale delle unità di misura). Non che il testo considerato non esamini tutte
queste cose, ma lo fa in una delle schede di approfondimento, come se chiarire come
operare per misurare la temperatura fosse un "di più", non necessario alla
comprensione dell'argomento.
Non c'è il minimo cenno, invece, nemmeno nelle schede di approfondimento, ad una
definizione operativa del calore.
Il testo per i licei scientifici considerato,
invece, fornisce una definizione operativa sia per la temperatura che per il calore, anche
se, a mio parere, con alcune mancanze.
Per quanto riguarda la temperatura, sebbene il testo sottolinei come le reazioni
fisiologiche delle cellule nervose conseguenti alla percezione del caldo e del freddo
"sono relative, piuttosto soggettive e qualche volta erronee", mette in luce
solo pochi fenomeni che confermano questa affermazione. Credo che sarebbe utile invece
sottolinearne anche altri (ad esempio: anche se un corpo metallico ed un corpo di legno
sono nello stesso ambiente e si trovano in equilibrio termico, nel toccarli riceviamo da
essi sensazioni diverse; o se mi bagno con dell'acqua e dell'alcool alla medesima
temperatura ricevo ancora due sensazioni diverse). L'insistere su questi fenomeni
deve servire innanzitutto a far sentire la necessità di dare una definizione operativa
rigorosa della temperatura; inoltre potrebbe essere utile a suscitare la curiosità degli
studenti sulle motivazioni che stanno alla base dei fenomeni di cui si diceva.
Un'altra mancanza nella definizione operativa di temperatura data da questo libro, è
costituita dalla presenza di una certa circolarità, che non può non generare dubbi e
confusione nei ragazzi. Si dice infatti che i vari strumenti costruiti allo scopo di
fornire un indice numerico (che viene chiamato temperatura) associato allo stato
termico di un corpo utilizzano "la misura di alcune proprietà dei corpi che
dipendono dalla temperatura". Più onesto e logicamente corretto sarebbe
dire esplicitamente che mettendo un termoscopio a contatto con corpi provenienti da
ambienti diversi si può verificare che il liquido in esso contenuto raggiunge altezze
diverse e che si dice allora che due corpi hanno la stessa temperatura se il liquido
termometrico raggiunge la stessa altezza, mentre che hanno temperatura il primo maggiore
di quella del secondo se il liquido raggiunge un'altezza maggiore quando è posto vicino
al primo piuttosto che al secondo. Vero è che poi ha senso ed è importante far notare
come ci sia corrispondenza tra questa definizione operativa di temperatura e il nostro
modo di sentire il caldo e il freddo, ma non si può pensare, a questo livello, che esista
a priori la grandezza temperatura ben definita, dalla quale riconosco dipendere certi
fenomeni, che di conseguenza uso per misurarla.
La definizione di calore, invece, mi pare ben data, come grandezza introdotta per
interpretare alcuni fenomeni osservabili sperimentalmente, ossia l'equilibrio termico che
tende ad instaurarsi tra due corpi inizialmente a temperature diverse e messi a contatto,
o i cambiamenti di stato. A mio parere, varrebbe la pena essere un pochino più
problematici: perché fenomeni così "diversi" vengono interpretati nello stesso
modo (ossia dicendo che è avvenuto un passaggio di calore)? una risposta definitiva non
la si potrà dare finché non si sarà interpretato il calore come energia, ma questo non
significa che non abbia valore porsi la domanda.
Ciò che non mi convince fino in fondo della definizione operativa data dal testo è
l'introduzione, fin da questo paragrafo, delle unità di misura come il joule e l'erg.
Infatti, solo più avanti nel testo si illustra il principio di equivalenza tra calore e
lavoro che permette di asserire che il calore è una forma di energia. Mi parrebbe più
onesto mantenere come unica unità di misura del calore la caloria, che a questo punto si
può definire correttamente, fino a che non si sia determinato "l'equivalente
meccanico del calore". In questo modo credo che verrebbe anche maggiormente
apprezzata la portata del primo principio della termodinamica, come principio di
conservazione dell'energia, ma anche come principio che conferma l'idea di calore come
forma di energia.