Tematiche trattate
Introduzione sul significato dell'insegnamento e
dell'apprendimento.
"Nessuno dubita, in teoria, dell'importanza di promuovere nella scuola una buona
impostazione del pensiero. Ma a parte il fatto che il riconoscimento non è così grande
in pratica quanto in teoria, non vi è un riconoscimento teorico adeguato che tutto ciò
che la scuola deve o ha bisogno di fare per gli allievi, per quel che riguarda la loro mente
(cioè lasciando perdere certe particolari capacità muscolari) è di sviluppare la
loro capacità di pensare. Il fatto che l'istruzione venga ripartita in base ai differenti
fini, che sono: l'acquisizione di certe capacità (nel leggere, scrivere, disegnare,
riferire); l'acquisizione di informazioni (in storia e in geografia), e
l'allenamento al pensiero, è la misura del modo inefficace in cui provvediamo a tutti e
tre. Il pensiero non connesso con un aumento di efficienza per l'azione, e con l'imparare
un po' di più su noi stessi e sul mondo nel quale viviamo, zoppica proprio in quanto
pensiero. E l'abilità ottenuta al di fuori dl pensiero non è connessa con alcun senso
degli scopi per i quali deve essere adoperata. Per conseguenza essa lascia l'uomo alla
mercé delle abitudini che ha contratto, e del controllo autoritario di altri, che sanno
quel che fanno e che non sono particolarmente scrupolosi sui mezzi che adoperano per
riuscire. E l'informazione separata dall'azione intelligente è cosa morta, zavorra per la
mente. Per il fatto di incrementare la conoscenza e di sviluppare pertanto il veleno della
presunzione, essa costituisce il più potente ostacolo allo sviluppo del dono
dell'intelligenza. L'unica via diretta per un miglioramento permanente dei metodi
dell'istruzione e dell'insegnamento consiste nel concentrarsi sulle condizioni che
esigono, promuovono e mettono alla prova il pensiero. Il pensiero è il metodo
dell'apprendimento intelligente, dell'apprendimento che mette a profitto e ricompensa la
mente. Noi parliamo, abbastanza legittimamente, del metodo di pensare, ma la cosa
importante da ricordare circa il metodo è che il pensiero è metodo, il metodo di
un'intelligente esperienza nel suo svolgimento".
[John Dewey, Democrazia ed
educazione]
L'azione didattica e le sue metafore
L'insegnamento è come...
* ... una coltivazione
* ... una guida in un percorso
* ... la costruzione di una casa
* ... la direzione di un'orchestra
* ... la preparazione di un pasto.
L'azione didattica e la sua logica
C'è una distanza tra ciò che si ha nella mente e nel cuore e la sua traduzione
nell'azione didattica. Quando capisco una cosa, la posseggo tutta, ma quando la insegno
devo darle processualità e prospettiva. Il tutto non può essere trasmesso
immediatamente. L'azione si pone in una ben precisa ottica, che per forza è limitante. Il
pensiero è un'operazione lineare; l'azione richiede rotture, circolarità, ritorni. Il
pensiero procede per deduzioni; l'azione procede per micro-decisioni.
L'azione didattica e il suo senso
* Visione filmica: Genio Ribelle
* Se c'è un senso nell'insegnamento è quello di "mettere in
segno" delle cose per una persona perché impari a vivere. Il ruolo dell'insegnante,
ad un primo livello, è quello di offrire dei segni; ma, soprattutto oggi, i ragazzi hanno
a disposizione percorsi informativi anche molto più ricchi di quelli che noi possiamo
offrire loro a scuola. L'insegnante deve operare anche ad un altro livello, però, nella
misura in cui oltre ad offrire dei segni cerca di far in modo che l'altro se ne appropri.
E, infine, l'insegnante offre dei segni perché diventino, per la persona che ha di
fronte, significativi. Lo scopo dell'insegnante è che l'allievo arrivi al significato, al
senso delle cose.
L'azione didattica e le sue forme organizzative
* Visione filmica: Asini
* L'insegnamento, se davvero è aiutare una persona ad imparare a vivere, è sempre
molto più grande delle sue forme organizzative. Ma è anche vero che l'insegnamento non
può esistere se privato completamente di forme organizzative, di regole, di riti. La
forma dell'insegnamento, pur non essendo il suo contenuto né il suo significato, è
indispensabile come veicolo di contenuti e di significati e non è neutra rispetto ad
essi. insegnare è dare delle forme, è scegliere le forme più adatte per comunicare un
certo significato. |
Verifica
Credo che per me questo laboratorio sia stato l'occasione non tanto per imparare nuovi
contenuti o per acquisire nuove competenze. Piuttosto credo che esso mi abbia arricchita
come persona e come insegnante grazie ad alcune delle riflessioni che sono state proposte
e che sono state per me non dico delle novità assolute, ma quanto meno aspetti
dell'insegnamento sui quali poco mi ero soffermata in precedenza.
In che cosa sono cresciuta, come insegnante e come persona?
Innanzitutto non mi ero mai posta nell'ottica di guardare all'insegnamento come azione e
di valutare le conseguenze di questa visuale. Un po' per carattere, ma probabilmente un
po' anche per il tipo di formazione accademica che ho ricevuto, ritengo di essere sempre
stata una persona riflessiva, che pensava prima di agire, che cercava di valutare le
possibili conseguenze delle proprie azioni, che quantomeno tentava di uniformare il
proprio agire alla logica del proprio pensiero. Nell'uscire dall'università e
nell'entrare nel mondo del lavoro (ancor prima che in quello specifico della scuola) mi
sono accorta che non sempre le cose sono così facili. Non sempre si ha il tempo per
valutare le possibili conseguenze di ciascuna delle possibili azioni tra le quali si deve
scegliere. E quand'anche ci sia il tempo, non sempre sono a nostra disposizione tutti gli
elementi per farlo. Se si tratta di un problema di matematica, di fronte ad un dato
mancante ci viene chiesto semplicemente di riconoscere che non possiamo procedere; al
massimo ci viene chiesto di distinguere per i diversi valori attribuibili a quel dato come
si potrebbe proseguire. Ma in classe, di fronte al tempo che non ho o alle conoscenze che
mi mancano, devo comunque decidere che cosa fare; non posso limitarmi a dire "se
fosse così farei... se fosse in quest'altro modo farei...". L'elemento di novità
che mi ha fatto crescere sta nell'idea che tutto questo non è dovuto tanto ad una mia
mancanza, o a una mia lentezza nel valutare determinati aspetti o nessi di causa -
effetto, quanto nella sostanza stessa dell'insegnamento, che non è un processo puramente
logico, ma un sistema complesso di micro - decisioni, di aspetti che vanno al di là della
logica deduttiva, legati al tempo, ai sentimenti, ai pregiudizi, alla concretezza del
contesto in cui si opera. Questo è stato sicuramente un elemento di crescita, perché
(una volta riconosciuto ciò) da un lato diventa più facile accettare di dover prendere,
in alcuni casi, certe decisioni senza poter avere la sicurezza della deduzione su cui
appoggiarsi, dall'altro diventa possibile allenarsi e migliorarsi nella giusta direzione,
imparando a fare attenzione a tutti gli aspetti del nostro agire.
Un secondo aspetto che ritengo mi abbia fatta crescere sta nell'interpretazione
dell'insegnare come "porre in segno" certe cose per aiutare l'allievo a renderle
significative per sé. Anche se a parole è facile dire che i contenuti che noi insegniamo
devono essere solo un mezzo per raggiungere finalità più grandi, che hanno a che fare
con la crescita della persona, non sempre è facile legare ciò che effettivamente viene
insegnato ai grandi obiettivi che ci si propone. Come può la trigonometria essere
strumento di crescita di una persona verso la libertà? Può, eccome, ma solo quando io
insegnante riesco a creare le condizioni per le quali la trigonometria diventa
significativa per te, mio allievo. Se non c'è questo passaggio il nesso tra contenuti e
finalità dell'insegnamento rimane oscuro, mentre si chiariscono se davvero si riesce a
fare in modo che l'alunno si appropri dei segni che gli vengono offerti e che questi siano
per lui significativi.
Che cosa non ho imparato, ma mi è venuta voglia di imparare?
L'ultima tematica affrontata durante il laboratorio è stata quella relativa alle forme
organizzative dell'insegnamento. Sono rimaste aperte molte domande, soprattutto riguardo
alle componenti metodologiche che all'interno di queste forme organizzative si possono
adottare. Il laboratorio, tra l'altro, è stato ricco di esempi di metodologie diverse
(diverse disposizioni in aula, lezioni frontali, letture, provocazioni, metaforizzazioni,
interpretazione di ruoli, lavori di gruppo, giochi di ruolo, simulazioni, discussioni,
trattazioni teoriche, visioni filmiche, riflessioni, attività di sintesi, ...). Quello
che non ho imparato è stato come scegliere la metodologia più adeguata alle persone alle
quali ci si rivolge e agli scopi che ci si prefigge.
Dove e come potrei farlo?
Di fatto, i vari laboratori didattici relativi alle singole discipline sono stati un buon
allenamento "virtuale" a valutare e progettare l'utilizzo di metodologie diverse
per la trasmissione di certi contenuti. Parlo di allenamento "virtuale" perché
di fatto le classi reali offrono sempre più problemi di quelli che ci siamo posti nei
laboratori, sia in termini di caratteristiche degli alunni in esse presenti, sia in
termini di vincoli organizzativi e pratici relativi ai mezzi a nostra disposizione.
Un altro grosso aiuto mi è stato fornito dal corso di Analisi dei modelli educativi
tenuto durante il secondo anno dallo stesso prof. Triani. Questo corso ci ha anche fornito
una buona bibliografia attraverso la quale approfondire meglio la nostra conoscenza degli
aspetti teorici di diverse metodologie:
N. Barbieri, Curricolo,
programma, programmazione
E. Damiano, L'azione
didattica
E. Perrot, L'insegnamento
efficace
P. Triani, Socializzazione
e lavoro di gruppo
Credo che, infine, sarà fondamentale la continua riflessione e verifica del successo
ottenuto o meno attraverso l'uso in determinate situazioni di determinati strumenti
metodologici. |